Gli artt. 822 e 824 del Codice Civile stabiliscono che gli archivi e i documenti degli enti pubblici sono soggetti al regime del demanio pubblico e pertanto sono inalienabili; inoltre, il “Codice dei beni culturali” (d.lgs. n. 42/2004) stabilisce che tutti i documenti e archivi degli enti pubblici appartengono al Patrimonio culturale nazionale (artt. 2 e 10).
Secondo tali norme, gli archivi e i documenti pubblici sono sempre da considerarsi beni culturali, indipendentemente dalla loro età, tipologia o contenuto; dunque, tutti i documenti prodotti, ricevuti o conservati a qualsiasi titolo da una Pubblica Amministrazione possiedono fin dall’origine la duplice natura di atti pubblici e di beni culturali.
La necessità di tutelare gli atti pubblici è evidente: in quanto portatori e testimoni di diritti e interessi pubblici e privati, tali atti vanno preservati da ogni alterazione, falsificazione e sottrazione, evitando ogni forma di uso improprio. A tal fine, nel corso degli ultimi anni un articolato corpus legislativo, non sempre di facile interpretazione, ha tentato di disciplinare vari aspetti della gestione documentale, quali la produzione, la conservazione e la trasmissione degli atti (D.P.R. n. 445/2000), la tenuta dei documenti informatici (d.lgs. n. 82/2005), l’accesso alle informazioni (L. n. 241/1990) e la tutela dei dati personali e sensibili (d.lgs. n. 196/2003).
Anche la normativa sui beni culturali prescrive l’obbligo di garantirne la protezione e la conservazione, l’integrità, la sicurezza e la pubblica fruizione, adottando nel contempo tutte le misure idonee “a limitare le situazioni di rischio” (artt. 3, 29 e 30 del d.lgs. n. 42/2004).
I soggetti pubblici detentori di archivi hanno dunque il dovere di collaborare alla loro tutela e valorizzazione (d.lgs. n. 42/2004, artt. 5 e 7). Agli stessi soggetti è poi attribuito l’obbligo specifico di conservare, ordinare e inventariare i propri archivi, da intendersi come dovere di predisporre mezzi e procedure perché l’archivio corrente nasca ben ordinato, nonché dovere di riordinare l’archivio già esistente ove si trovi in stato di disordine (art. 30, c. 4).
Ne consegue che ogni azione contraria alle norme di buona conservazione dei documenti, ivi compreso il semplice comportamento omissivo o l’abbandono in stato di incuria degli archivi, costituisce una grave violazione di legge a carico del funzionario o del pubblico amministratore responsabile. A seconda del reato, sono applicabili le sanzioni previste dagli artt. 160, 169-171, 173-174 e 180 del d.lgs. n. 42/2004, nonché dagli artt. 328 e 650 del Codice Penale. Si fornisce un breve documento di sintesi degli obblighi di conservazione e gestione del patrimonio archivistico di un ente pubblico.
Per ottemperare a quanto disposto da questo complesso normativo, l’ente pubblico deve necessariamente istituire un apposito Servizio per la tenuta del protocollo informatico, della gestione documentale e degli archivi, che realizzi, coordini e sovrintenda al funzionamento di alcuni elementi fondamentali e necessari del sistema:
- Protocollo informatico.
- Sistema di classificazione, manuale di gestione, massimario di scarto (per maggiori informazioni si veda la pagina dedicata allo scarto di materiale archivistico)
- Repertorio dei fascicoli.
- Posta elettronica certificata (PEC).
- Sistema di conservazione della documentazione (procedure organizzative e strutture logistiche).
Strumento essenziale per la corretta gestione dell'archivio di un ente pubblico, sia cartaceo che digitale è il Il Manuale di gestione documentale, previsto dal paragrafo 3.5 delle Linee guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici. Per maggiori informazioni, si veda la pagina dedicata al Manuale di gestione documentale.